venerdì 4 luglio 2008

Bertonico tra un paio di anni...


Via quella commissione...di Emiliano FittipaldiAzzerato l'organo istituito dal governo Prodi per valutare l'impatto ambientale di ponti, centrali, autostrade. La posta in palio sono opere da 300 miliardi. Ecco lo spil system del governo Berlusconi

Altero Matteoli
I commissari della Valutazione dell'impatto ambientale non se l'aspettavano. "Finalmente stavamo lavorando. Quindici progetti approvati al mese, un record. È vero, siamo stati bloccati per settimane, ma ci mandano a casa proprio ora che siamo entrati a regime. Faremo ricorso". Puntano sul Tar molti dei 60 tecnici nominati da Alfonso Pecoraro Scanio, ma con poche speranze. L'azzeramento del Via è ormai cosa fatta.

Il decreto con i nuovi nomi è già sul tavolo di Stefania Prestigiacomo e il governo di Silvio Berlusconi non sembra avere, tra le sue caratteristiche, quella di tornare sui suoi passi. Anche perché la partita che gira intorno a un pugno di sconosciuti commissari, pagati meno di 40 mila euro l'anno, senza rimborsi per alberghi e viaggi, senza cassetti dove sistemare i procedimenti, è gigantesca. Architetti, giuristi, biologi e ambientalisti sono i giudici supremi della fattibilità di opere strategiche e non. Le loro valutazioni possono segnare il destino di porti, ponti ed autostrade. Un 'no' o un 'sì condizionato' possono bocciare o modificare i progetti di centrali elettriche e metanodotti, piani energetici nazionali, nuove autostrade, passanti, aeroporti e raffinerie.

La commissione Via 'speciale', quella che segue le opere inserite nella Legge Obiettivo, deve valutare ancora centinaia di cantieri (circa 230), per un valore complessivo che varia tra 174 miliardi (dato Cipe 2006) e i 305, cifra aggiornata all'aprile 2007 del Servizio studi della Camera, che comprende anche gli extra costi delle opere che non hanno iniziato l'iter progettuale. A questi vanno aggiunti i necessari ok sui piani generali (Vas) e le quasi cento istruttorie ancora da fare su centrali termoelettriche e a carbone, siti di stoccaggio del gas e metanodotti che bloccano importanti progetti di Snam, Edipower, Autostrade, Terna e altri big nazionali e stranieri.

"Sessanta esperti con un potere enorme", chiosa Patrizia Fantilli, direttore dell'ufficio legale di Wwf Italia: "Il sospetto è che il governo voglia subito uomini di fiducia per avere mani libere, gente capace, nel caso, di chiudere un occhio sui danni ambientali. Non è un caso che la cancellazione della commissione sia stata una delle prime decisioni dell'esecutivo". Lo spoil system di massa è stato infatti inserito in un articolo del decreto-rifiuti, con un paragrafo che c'entra poco o nulla con l'emergenza napoletana. La sostituzione di tutti i membri (saranno 50 invece di 60) è fatta, si legge, "ai fini del contenimento della spesa pubblica e dell'incremento dell'efficienza procedimentale".

Se in passato lungaggini mostruose hanno in effetti parificato la commissione a un ente-lumaca (quattro anni per l'ok alla terza corsia della Rimini-Cattolica, più di tre anni per la variante di valico Firenze-Barberino, mesi di ritardo per i cantieri di Anas e Ferrovie), in realtà per Berlusconi la Via è un affare troppo delicato per lasciarla agli uomini nominati del centrosinistra. Esperti che, prima di mettere il turbo (hanno macinato molti più pareri rispetto alla media dei predecessori) erano stati comunque con le mani in mano per sei mesi: nominati ad agosto, insediati a ottobre e immobilizzati per pastoie burocratiche fino a gennaio.

La partita sull'ambiente è cruciale e il governo ha messo in movimento un'azione a tenaglia. L'ipotesi iniziale era quella di unificare Infrastrutture e Ambiente sotto la guida di Altero Matteoli (c'era un precedente, quello di Paolo Baratta durante l'esecutivo Dini). Saremmo stati l'unico paese d'Europa senza un ministero ad hoc, e Gianni Letta ha fatto naufragare il progetto. Poi la scelta della Prestigiacomo, di fatto commissariata dagli uomini del colonnello di An e di Giulio Tremonti, che ha imposto parte della squadra e il capo di gabinetto. In attesa, ovviamente, della nomina-chiave del segretario generale, figura del tutto nuova per le stanze di via Colombo.

Non è finita: è di queste ore il pressing di Matteoli per portare la sottocommissione Via speciale sotto il controllo diretto del suo ministero: rumors indicano che se ne discute da qualche giorno negli uffici legislativi di Palazzo Chigi. Infine, il tentativo di accorpare l'Apat, il braccio tecnico del ministero dell'Ambiente, l'Icram (l'istituto di ricerca sul mare) e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica in un nuovo soggetto, Irpa: il progetto, che permetterebbe oltre alla razionalizzazione una rapida sostituzione di tutti i vertici, è stato stralciato dal decreto rifiuti, ma potrebbe finire dentro la Finanziaria.

Ma il core business dell'operazione resta il Via. Delle dieci opere 'prioritarie' su cui il governo vuole investire decine di miliardi nei prossimi tre anni, il ponte sullo Stretto ha avuto già il placet per il progetto preliminare, ma con decine di 'prescrizioni', ossia vincoli che devono essere ricontrollati quando ci sarà il progetto definitivo e che fanno, spesso e volentieri, lievitare i costi. Incognite su questioni sismiche, idrogeologiche e su materiali che potrebbero rallentare l'apertura del cantiere. Matteoli è ottimista, e ha già annunciato che i nastri verranno tagliati nel 2016. Il Mose, invece, è passato senza il 'sì' della commissione: il governo in casi eccezionali può avocare a sé la decisione.

Difficile che la Tav Torino-Lione, che Prodi ha tolto dalla Legge Obiettivo per consentire maggior dialogo con la popolazione, possa invece aggirare l'iter ordinario. La nuova commissione dovrà dare la 'verifica di ottemperanza', ossia l'ok definitivo, anche alla Milano-Verona e alla Verona-Padova, che è stata promossa 'a pezzi': la parta centrale è stata bocciata, e dovrà addirittura essere ridisegnata. Nel cuore del ministro Matteoli c'è l'aeroporto di Viterbo e, soprattutto, l'autostrada della Maremma, la Cecina-Civitavecchia via Capalbio: il preliminare è passato con 91 prescrizioni, il ministero dei Beni culturali ha dato un parere negativo, e persino Bruno Agricola (direttore del ministero, democristiano doc e da sempre uomo-chiave per progetti e commissari) disse in Parlamento che la Via sarebbe da rivedere.

Anche la direttissima Brescia-Milano ha bisogno della verifica di ottemperanza, mentre i miliardi destinati alla superstrada Pedemontana veneta (già affidata all'onnipresente Impregilo e ad Autostrade) e alla lombarda non potranno essere spesi senza un nuovo passaggio in commissione. Ma dalla tangenziale di Milano all'autostrada della Val Trompia, passando per la Jonica e la Salerno-Reggio Calabra, tutto deve essere vagliato dalla scrivania degli esperti ambientali: perciò il governo non vuole sorprese, e - sospettano le associazioni - vuole uomini senza troppi scrupoli verdi.

Oltre alle pressioni politiche e dei grandi gruppi che fanno infrastrutture, i tecnici devono far fronte anche alle lobby dell'energia, che da qualche anno stanno monopolizzando i lavori della commissione. Spulciando l'elenco dei progetti sotto istruttoria trionfano centrali, rigassificatori e raffinerie, con multinazionali italiane e straniere a caccia del via libera per allargamenti, nuovi impianti, potenziamenti e megawatt aggiuntivi. E se la Sogin ha chiesto di smantellare i siti nucleari del Garigliano, di Latina e di Trino Vercellese, presto Enel e Ansaldo potrebbero chiedere istruttorie per le nuove centrali volute dal governo, oltre ai difficili Via per i depositi delle scorie.

I nomi dei proponenti dimostrano plasticamente il delicato ruolo dei commissari: la Snam aspetta un 'sì' per i metanodotti Massafra-Campochiaro e Sulmona-Sestino, l'Enel vuole la conversione a carbone della centrale di Rossano Calabro e di quella di Porto Tolle, che secondo molti sarebbe devastante. La vecchia commissione si preparava a bocciare anche l'ampliamento a carbone della centrale di Vado Ligure della Tirreno Power, vicino Savona, mentre l'alto rischio di inquinamento ha portato la bocciatura per la centrale a ciclo combinato a Durazzanino, in provincia di Forlì.

I rigassificatori dell'Enel a Porto Empedocle (oltre 600 milioni di investimento), quello dell'Edison sul Delta del Po, quello di Priolo (Erg e Shell) e quello di Gioia Tauro (progetto di Iride-Sorgenia e Medgas Italia), nonostante i niet degli ambientalisti hanno ottenuto il via libera pochi giorni prima delle elezioni. Ora bisognerà decidere sul terminale di Taranto voluto da Gas Natural International, che ha già incamerato (grazie alle pressioni in prima persona di Zapatero) il sì per il rigassificatore di Zaule, a Trieste. Ilva, Asm di Brescia, Tamoil, Api, Endesa e Terna hanno in ballo progetti per centinaia di milioni di euro.

"Paradossalmente", afferma un commissario, "le loro istruttorie, che il governo dice di voler velocizzare, rischiano ora di dover ripartire da zero: alcune aziende sono al nostro fianco, e faranno ricorso contro l'azzeramento". Ma la maggioranza degli interessi industriali appoggia senza se e senza ma la linea del Cavaliere.
(26 giugno 2008)

Foto di vovchychko's photostream http://flickr.com/photos/schneelocke/

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